Il 27 giugno 1914 nasceva Giorgio Almirante

Almirante27 giugno 1914, Salsomaggiore, Italia. La stella che trasvola sui cieli d’Italia annuncia la nascita di Giorgio Almirante, dal padre Mario e dalla madre Rita Armaroli. Siamo in un’epoca precipua alla prima guerra mondiale, causata dall’attentato di Sarajevo e che un anno dopo vedrà l’Italia coinvolta nel conflitto. Alla fine della guerra e con la rivoluzione fascista, il piccolo Giorgio entra a far parte dell’Opera Nazionale Balilla. In età adolescenziale, parallelamente agli studi compiuti a Torino presso il Liceo Classico Vincenzo Gioberti, iniziò la sua carriera come cronista presso il quotidiano fascista “Il Tevere”. In quegli anni si iscrive al Gruppo universitario fascisti dell’Urbe e ne diviene fiduciario.

« Sono nato timido, ma di una timidezza ansiosa di aprirsi e di espandersi, ansiosa, per l’appunto, di essere presa per mano e liberamente esposta alla ventata, al turbamento, al confronto delle relazioni umane; timido, dunque, ma non introverso; anzi curioso di leggere e voglioso di comprendere in altri volti la mia speranza o la mia pena. Voglio in sostanza dire che non sono nato protagonista, ma partecipe e in qualche modo testimone; che mi sono sentito assai presto immerso, e dolcemente inserito, nel destino di una generazione. »

Il 28 ottobre 1932 si apre la Mostra della Rivoluzione Fascista in via Nazionale, in occasione del decennale della Marcia su Roma, e il giovane Almirante che avrà modo di montare come guardia d’onore nel 1933, ricorderà l’esperienza in un articolo pubblicato sul Tevere:

« Ritengo che entrare nella Mostra della Rivoluzione costituisca un onore che non va disprezzato; entrarvi, poi, vestendo la divisa di una organizzazione fascista, entrarvi per montare la Guardia d’Onore, è una fortuna che non deve essere gettata al vento. […] Giungono i militi a cui gli universitari debbono cedere il posto. Il cambio si svolge con perfetta disciplina, come tra soldati veterani. Molta gente ci guarda, in via Nazionale, e con un certo stupore. Se non portassimo i caratteristici berretti multicolori, stenterebbero a crederci, davvero, studenti. Studentì sì, ma anche fascisti, ecco il segreto di tanta disciplina. »

In questi anni si solidifica in Almirante la fede fascista, animato da una sincera e profonda lealtà verso il Duce ed il Fascismo, che non rinnegherà mai per il resto della vita. Nel 1937 Almirante si laureò in lettere con una tesi sulla fortuna di Dante Alighieri nel Settecento italiano con l’italianista Vittorio Rossi.

La collaborazione con Il Tevere proseguì nel tempo; ne divenne caporedattore e vi rimase legato fino alla chiusura avvenuta nel 1943. Svolse la sua attività professionale in questo periodo prevalentemente nell’ambito giornalistico e cinematografico. Fu, nel mondo culturale ed accademico italiano, tra i firmatari nel 1938 del Manifesto della razza e dal 1938 al 1942 collaborò alla rivista La difesa della razza come segretario di redazione. Allo scoppio della seconda guerra mondiale Giorgio Almirante fu mandato come ufficiale di complemento in sardegna, ma chiede ed ottiene una promozione come corrispondente di guerra e parte per la Libia al seguito della Divisione 23 marzo delle camicie nere, e partecipò alla Campagna del Nordafrica.

Il 3 settembre del 1943 venne firmato l’Armistizio di Cassibile reso noto l’8 settembre. Alla costituzione della Repubblica Sociale Italiana Giorgio Almirante vi aderì, arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana con il grado di capomanipolo. Il 30 aprile 1944 Almirante fu nominato capo gabinetto del ministero della Cultura Popolare presieduto da Fernando Mezzasoma.

Dal 25 aprile 1945 fino al settembre 1946, pur non essendo ufficialmente ricercato, rimase in clandestinità. In tale periodo, secondo numerose testimonianze, trovò rifugio presso un amico di famiglia ebreo, Emanuele Levi che poteva così sdebitarsi per il fatto di essere stato a sua volta salvato, lui e la sua famiglia, da Giorgio Almirante durante la guerra, che aveva nascosto questa famiglia ebrea nella foresteria del Ministero della Cultura Popolare durante i rastrellamenti.

Nell’autunno del 1946 Giorgio Almirante partecipò alla fondazione dei Fasci di Azione Rivoluzionaria insieme a Pino Romualdi e Clemente Graziani. Iniziò inoltre a scrivere sul settimanale Rivolta Ideale, una delle maggiori riviste della politica di destra di quegli anni e insieme a Cesco Giulio Baghino si avvicinò al Movimento italiano di unità sociale. Il 26 dicembre 1946 Almirante partecipò a Roma alla riunione costitutiva del partito politico di destra Movimento Sociale Italiano (MSI). Di questo nuovo partito divenne il 15 giugno 1947 segretario nazionale e mantenne la carica fino al gennaio 1950. Da segretario del partito, Giorgio Almirante si spese in modo notevole tanto da rimanere il ricordo di quando, non disdegnando viaggiare per l’intera penisola, dormiva in treni di terza classe («come un apostolo», secondo le parole di Assunta Almirante) e fondando sedi locali del MSI.

Nel maggio 1972, grazie anche alla fusione con il Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica il MSI ottenne il suo massimo storico alle elezioni politiche (diventando MSI-Destra Nazionale), 8,7% alla Camera e 9,2% al Senato, eleggendo 56 deputati e 26 senatori. Da quel momento l’obiettivo primario di Almirante divenne l’egemonia di tutta l’area di “destra” rivolgendosi anche agli ambienti extra parlamentari di Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo. Un mese dopo il successo elettorale, l’allora Procuratore generale di Milano, Luigi Bianchi D’Espinosa ex esponente del Partito d’Azione, decise di chiedere alla Camera l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti con l’accusa di tentata ricostituzione del Partito Fascista.  Il 12 aprile 1973, con il Giovedì nero di Milano il MSI segna una battuta d’arresto e la richiesta d’autorizzazione a procedere contro Almirante subisce un acceleramento, per volontà della Democrazia Cristiana che teme un consolidamento del MSI nell’elettorato moderato. Lo stesso Almirante dichiarò di voler votare a favore della richiesta a procedere e polemizzando all’indirizzo di Sandro Pertini, presidente della Camera:

“non mi turba in alcun modo il fatto che in questi ultimi giorni le procedure siano state accelerate, perché semmai, signor Presidente, mi avrebbe turbato il fatto che fossero state rallentate”

L’autorizzazione fu concessa il 24 maggio 1973 con 484 voti a favore contro 60. Votarono contro anche 4 democristiani: Antonio Del Duca, Stefano Cavaliere, Eugenio Tarabini e Giuseppe Costamagna.

Nella primavera del 1974 Almirante, per disciplina di partito, si schierò contro l’introduzione del divorzio in Italia. La sua posizione di apertura era stata infatti messa in minoranza durante le discussioni alla direzione del MSI. Egli stesso si avvalse poi delle possibilità offerte dalla legge Fortuna-Baslini per divorziare da Gabriella Magnatti con cui era sposato solo civilmente, dalla quale aveva avuto nel 1949 la figlia Rita, e risposarsi con Assunta Stramandinoli con cui già aveva avuto nel 1958 la figlia Giuliana dè Medici, e che aveva sposato religiosamente nel 1969 quando lei restò vedova del primo marito.

La strage di Piazza della Loggia nel maggio 1974 e pochi mesi dopo la Strage dell’Italicus affossarono la strategia di inglobare la variegata galassia della destra extra parlamentare. Almirante, pur convinto che le azioni fossero state manovrate dai servizi segreti e in ultima analisi volute da settori della Democrazia Cristiana non poté negare il coinvolgimento di estremisti di destra mettendo così in luce il fallimento del progetto di creare una grande destra attorno al MSI. Almirante dovette ammettere:

« Ci sono dei violenti anche tra noi? C’è, lo debbo ammettere, in tanti giovani che ci sono vicini o che sono con noi, uno stato di insoddisfazione, di ribellione contro i miei ordini e le mie direttive »
(Giorgio Almirante sul Secolo d’Italia 31 gennaio 1975)

Nel 1977 affrontò la scissione che portò alla nascita di Democrazia Nazionale, partito composto per lo più da elementi di provenienza monarchica ma anche da esponenti “storici” del MSI come Ernesto De Marzio, Pietro Cerullo e Massimo Anderson che con un programma moderato intendevano tentare un aggancio con il centro democristiano. Alle elezioni politiche del 1979 Democrazia Nazionale non ottenne alcun seggio e sparì dalla scena politica. Nel 1978, in previsione delle elezioni europee del 1979, Almirante fondò l’Eurodestra.

Nel 1983, Almirante fu ricevuto per la prima volta da Bettino Craxi in forma ufficiale nel suo giro di consultazioni per la formazione del nuovo governo. Di questo incontro Almirante raccontò poi che Craxi gli aveva espresso la sua contrarietà al perdurare dell’Arco costituzionale ed all’emarginazione del MSI. Il Movimento Sociale sostenne alcuni provvedimenti del Governo Craxi per l’attuazione del decreto legge per la liberalizzazione del mercato televisivo (che permise l’ascesa e la consolidazione del gruppo Fininvest di Silvio Berlusconi). Da quel momento in poi, con l’esclusione del Partito comunista italiano, gli altri partiti cominciarono ad inviare proprie delegazioni ai congressi del MSI.

Nel giugno del 1984 Almirante sorprese l’intero mondo politico italiano recandosi insieme a Pino Romualdi a rendere omaggio alla camera ardente di Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano allestita presso la sede centrale di via delle Botteghe Oscure. Qui si mise in fila insieme a tutti gli altri convenuti finché, notato, fu accolto da Giancarlo Pajetta e accompagnato presso il feretro. Assunta Almirante riferì poi che, alla notizia della morte di Berlinguer, Almirante pianse. Il 26 gennaio 1986 parlando al Teatro Lirico di Milano, Almirante sostenne che «il ladrocinio e l’assassinio furono l’emblema delle bande partigiane». Le sue condizioni di salute lo obbligarono nel 1987 ad abbandonare la segreteria del partito, a favore del suo delfino Gianfranco Fini, già segretario del Fronte della Gioventù. Morì a Roma alle 10:10 della domenica 22 maggio dello stesso anno per emorragia cerebrale, dopo anche un intervento eseguito a Parigi successivamente al quale le sue condizioni peggiorarono notevolmente. Poco dopo la notizia del decesso la salma fu visitata dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga e dal sindaco di Roma Nicola Signorello. Essendo deceduto anche Pino Romualdi il giorno prima di Almirante, per i due leader missini si decise di svolgere esequie comuni a Roma, nella chiesa di Sant’Agnese in Agone. Alle esequie parteciparono migliaia di persone, tra cui anche i rappresentanti del Partito Comunista Italiano Nilde Jotti, all’epoca presidente della Camera, e Giancarlo Pajetta. Almirante fu sepolto nel Cimitero del Verano in un sepolcro donato dal Comune di Roma.