Strage di Acca Larentia, intervento di Almirante in Parlamento

Almirante in Parlamento - Strage di Acca LarentiaSeduta del 10 gennaio 1978

La strage di via Acca Larentia, al Tuscolano, quartiere di Roma, ha molte analogie con il delitto Zicchieri. L’ultrasinistra vuole «punire» l’impegno militante della gioventù missina nelle zone a più forte radicamento popolare e dove si nota un grande consenso alle battaglie nazionali. In questo clima matura l’assassinio di Franco Bigonzetti e Stefano Ciavatta, il 7 gennaio 1978, uccisi da un ben organizzato gruppo terroristico. Poche ore dopo l’imboscata, un capitano dei carabinieri spara a altezza d’uomo contro altri giovani missini, senza alcuna necessità: viene colpito Stefano Recchioni, morirà qualche giorno più tardi, senza riprendersi dal coma.

Giorgio Almirante sul luogo della strage di Acca LarentiaALMIRANTE: “Signor Presidente, prima di tutto assicuro lei e i colleghi che mi terrò al di sotto dei venti minuti gentilmente concessimi, anche perché, per la prima volta in trent’anni di attività parlamentare i colleghi me ne possono dare atto mi accingo a leggere un testo, perché desidero rimanere nella misura del tempo stabilito e, soprattutto, nella misura dei contenuti, data la estrema gravita dell’argomento e dato il peso delle responsabilità personali e collettive del gruppo e del partito, che in questo momento ho l’onore e anche l’onere, signor Presidente ed onorevoli colleghi, di rappresentare. Civilmente, ringrazio lei, signor Presidente, ringrazio il signor ministro dell’Interno e il Governo, ringrazio le forze politiche e sociali, i parlamentari, i dirigenti di partito, i pubblici amministratori, a cominciare da quelli della capitale d’Italia, che in questi giorni si sono associati al lutto che ha colpito la famiglia della destra nazionale. Questa atmosfera di rispetto e, in molti casi, di sincero cordoglio che il martirio di tre giovani di destra ha determinato rende meno arduo il mio compito, che è pur sempre difficilissimo, perché si tratta di comprimere e di reprimere stati d’animo, pur legittimi e comprensibili, sentimenti, risentimenti, per nobilitare e responsabilizzare, per parte nostra, questa discussione, come comandano i giovani puliti e cari che sono morti per la libertà di tutti, come comandano i loro familiari, dalle labbra dei quali (il Presidente ed anche il ministro dell’Interno hanno avuto modo di citare una delle loro dichiarazioni) non è uscita la minima invocazione alla vendetta, ma una chiara, ferma, severa richiesta di giustizia e di pace; la richiesta, soprattutto, che da questo sangue altro sangue non esca, la richiesta che sia finalmente rotta la spirale dell’odio e della guerra civile. A questo punto, il discorso che occorre fare è quello delle responsabilità, passate, presenti e future; il discorso delle responsabilità morali e civili, il discorso delle responsabilità esecutive, in termini sia di prevenzione sia di repressione. Le responsabilità civili e morali sono le più gravi, perché nel tempo hanno determinato e aggravato le altre. Oggi, al cospetto di questo triplice crimine, tutti o quasi si inducono a parlare di pace e a smettere la propaganda dell’odio: e mi è doloroso dire quel «quasi», ma perfino in questa occasione si sono letti su giornali, anche quotidiani, accenti di odio e di discriminazione perduranti. Ma quanti parlavano tale linguaggio sereno e responsabile fino a qualche giorno fa? Quanti tra voi, quanti tra noi tutti hanno veramente contribuito, nei mesi e negli anni passati, a disintossicare l’atmosfera, ad educare alla pace e alla comprensione le giovani generazioni? Io non mi voglio presentare in veste di giudice, ma in veste di testimone, sì: ho il diritto di farlo, perché da trent’anni non partecipo, e non partecipiamo, alle responsabilità e nemmeno alle possibilità del potere. Invece, quale gravame di responsabilità morali pesa su coloro che hanno gestito il potere, a tutti i livelli, su coloro che hanno controllato e controllano la radio, la televisione, lo spettacolo, la scuola, il sindacato, la stessa cultura! Perfino in questi giorni, la radio e la televisione ve lo denuncio sono state faziose, rifiutando di dare per esteso le nostre comunicazioni, che pur erano intese a placare gli animi; rifiutandomi la possibilità di lanciare un appello ai giovani in nome della pace. Perfino in questi giorni è stata chiusa e faziosa la scuola, nelle responsabilità politiche di vertice, non dando ascolto signor ministro Malfatti alla nostra richiesta di proclamare un giorno di lutto nelle scuole in memoria dei giovani assassinati, di tutti gli studenti assassinati. D’altra parte, lei stesso, signor ministro dell’Interno, ha parlato il 6 ottobre, nell’Assemblea dell’altro ramo del Parlamento, il linguaggio dell’odio, della provocazione, dell’istigazione a delinquere contro la nostra parte, contro i nostri stessi giovani e anche, mi duole dirlo, il linguaggio della calunnia, tanto è vero che i ragazzi che lei ha mandato in galera per quei fatti non devono più rispondere di omicidio, né di concorso in omicidio, né di rissa, ma soltanto e tornerò su questo argomento di presunti reati politici e di opinione. Quanto alle responsabilità politiche, voi tutti avete costituito in questi ultimi mesi un regime, perché avete tentato di appropriarvi delle guarentigie costituzionali, chiamandovi «arco costituzionale» o «partiti costituzionali» o «partiti democratici», quasi che questi valori vi appartenessero in esclusiva. La logica dei regimi, di qualunque colore essi siano, è la discriminazione e con la discriminazione la violenza, con la violenza l’odio e la spinta verso la guerra civile. Ora siete in crisi e allora o lo sbocco della crisi sarà ancora il patto a sei, il compromesso storico allargato (finché dura), e in tal caso dovrete tener conto del fatto che noi siamo all’opposizione e che il tentativo di criminalizzare o di soffocare o, comunque, di discriminare l’opposizione in quanto tale equivale alla riapertura di quella spirale dell’odio e della vendetta che in questi giorni dite di voler spezzare, oppure lo sbocco della crisi sarà il fallimento del compromesso storico e del precedente patto a sei, e allora ve lo suggerisce il Corriere della sera di oggi un clamoroso articolo di prima pagina non si dovrà parlare di Governo di emergenza, ma di Governo di salute pubblica nazionale, cioè di una formula di reggimento del paese che non escluda alcuna componente, non già in termini di partecipazione alla maggioranza o al Governo e tanto meno di lottizzazione del potere, ma in termini di corresponsabilizzazione, e quindi di pacificazione nazionale come noi la intendiamo e la vogliamo . Ciò significa che la pacificazione nazionale, la salvezza della nazione non si può realizzare, signor Presidente, signor ministro, senza o contro i nostri ragazzi, senza o contro la nostra famiglia umana, ma soltanto in un clima di generale abbattimento delle frontiere morali, ferme restando le differenze e le divergenze politiche e programmatiche. Quanto alle responsabilità esecutive, di ordine sia preventivo sia repressivo, debbo rilevare, signor ministro, che sarebbe da parte mia e da parte nostra in questo momento forse ingeneroso prendersela con l’attuale Governo, che non esiste più, anche volendo ammettere che sia mai esistito, e quindi con l’attuale ministro dell’Interno. Debbo però definire irricevibili e forse anche ignobili due passi del suo discorso, signor ministro: quello relativo alle responsabilità dell’ufficiale dei carabinieri che ha ucciso il giovane Recchioni, e quello relativo al solito discorso delle presunte indagini, quando le vittime sono di destra. Nessun fermato, nessun arrestato, nessun covo chiuso, buio totale, signor ministro. Come lei stesso ha detto, e come i giornali pubblicano questa mattina, riferendo passi tra virgolette di quanto in un’assemblea alla città universitaria è stato ieri proclamato dai cosiddetti «autonomi», questi ultimi hanno rivendicato delle responsabilità; la questura di Roma lo sa, il Ministero dell ‘ interno lo sa, ma nulla è stato fatto: non un fermato, non un arrestato. Se i tre morti fossero stati di sinistra, che cosa sarebbe accaduto a quest’ora? Lo sapete sulla base di precedenti e non lontane esperienze. Quanto all’ufficiale dei carabinieri, signor ministro, lei ha sostenuto testé la tesi della legittima difesa. Ma allora, in primo luogo, sostenetela sempre questa tesi della legittima difesa nei confronti degli agenti dell’ordine e dei carabinieri. In recenti e meno recenti occasioni, voi avete gettato nelle fauci dell’estrema sinistra extraparlamentare carabinieri o agenti di polizia che effettivamente, secondo le indagini esperite, si erano legittimamente difesi, o comunque si erano difesi. In questo caso, nessuno è stato ferito dai presunti sparatori di destra; nessuno è stato contuso dalla presunta sassaiola di destra; un ragazzo è stato ucciso da un ufficiale dei carabinieri. Lei si è contraddetto, signor ministro, sostenendo prima la tesi della legittima difesa e poi affermando che quell’ufficiale è caduto, e, cadendo, gli è partito un col­po. Questa non è legittima difesa, e mi dispiace che un giurista come lei incappi in così banali e plateali contraddizioni, che dimostrano mi dispiace dirlo la malafede sua e di coloro che l’ hanno costretta o indotta a dire cose assurde. Per lo meno, in attesa della conclusione delle indagini, quell’ufficiale dei carabinieri doveva essere sospeso dal servizio. Invece, egli è ancora in servizio. Lasciatemi ricordare che qualche mese fa, quando non si trattava dell’assassinio di un giovane, ma della fuga di un vecchio, l’Arma dei carabinieri fu sconvolta da un terremoto, e quasi nessuno la difese, se non proprio la destra nazionale. Del resto, non è impotente il Governo, ma è impotente lo Stato, perché in questi anni, sinistre imperando, è stata portata avanti la strategia della smobilitazione dello Stato molto più della cosiddetta strategia della tensione. Il Corriere della sera metteva in rilievo quattro giorni fa che, ad un mese dalla entrata in vigore della legge sui nuovi servizi di informazione, di prevenzione e di sicurezza, la legge giace perché motivi interni di lottizzazione del potere impediscono di darle esecuzione, il che, ancor prima di essere un errore, è una gravissima colpa”.

NATTA ALESSANDRO: “Che c’entra la sinistra? C’entrerà il Governo!”

ALMIRANTE: “Nel luglio scorso i sei partiti di Governo hanno varato un programma comune, che era pur sempre presentato come un programma di emergenza o di salute pubblica. Ora quel programma è in pezzi nella sua parte sociale ed economica, ma è in pezzi anche e soprattutto nella parte relativa all’ordine pubblico, di cui fin da allora il Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale rilevò le gravi insufficienze. Il modo più serio per onorare i ragazzi assassinati consiste dunque nel riprendere da capo il discorso sull’ordine pubblico e sulla necessità di quelle cure chirurgiche che ormai si impongono e delle quali siamo pronti a renderci corresponsabili. Siamo pronti, onorevole ministro, perché, sia chiaro, non siamo disposti, specie alla luce di quanto sta accadendo, a consentire che il nostro partito, e personalmente noi dirigenti del partito, veniamo criminalizzati e non soltanto discriminati dal regime e che poi siano i nostri giovani a pagarne lo scotto, i giovani che vengono assassinati, i giovani che finiscono in galera per presunti reati politici e di opinione. Premesso che con i veri criminali e anche con i numerosi teppisti e teppistelli che circolano per le strade d’Italia e specialmente di Roma, non abbiamo nulla a che vedere e, anzi, sono nostri nemici mortali i teppisti che si dichiarano di sinistra e che iscrivono il mio nome nelle liste di proscrizione, come è accaduto in questi giorni; ma sono nostri nemici anche, e talora soprattutto, i teppisti che fingono di essere o dichiarano di essere di destra, noi dichiariamo alto e forte che non accetteremo più che paghino per noi, per tutti, i nostri ragazzi: così come non vogliamo che paghino per tutti i ragazzi puliti che stanno politicamente al centro o a sinistra. Vogliamo pagare noi, da ogni punto di vista; vogliamo essere giudicati noi. Giacciono da anni nei nostri confronti le autorizzazioni a procedere ai sensi della legge Scelba. Avanti, approvatele! Noi voteremo in favore, perché vogliamo che il regime ci faccia finalmente questo tante volte minacciato, questo assurdo e ridicolo, ma veramente emblematico, processo. Io sono stato privato dell’immunità parlamentare il 24 maggio 1973, signor Presidente; sono dovuto andare personalmente alla procura della Repubblica di Roma per ottenere la comunicazione giudiziaria il 31 luglio dello stesso anno. Non sono mai stato interrogato. È questa una copertura? È un privilegio? Se lo fosse, dovrebbe coincidere con l’archiviazione delle procedure. Ma siccome non lo è, siccome l’ombra del processo deve incombere su di me, su di noi, per soffocarci e per criminalizzarci, salvo a tenere in galera i nostri ragazzi, avanti, sbrigatevi, votate insieme a noi le autorizzazioni a procedere e finalmente sospendete, in attesa del nostro processo, le ignobili montature giudiziarie contro i giovani in corso in tante parti d’Italia! Altrimenti, non riuscirete davvero a piegare il nostro partito, ma continuerete a seminare odio nelle giovani menti e nelle tenere coscienze. Signor Presidente, la TV di regime nega in questi giorni la possibilità di lanciare un appello ai giovani, ai giovani puliti, al di sopra delle parti, nel nome della giustizia, della libertà e della pace. Mi sia consentito levare tale appello in Parlamento. E’ il migliore omaggio, è l’unico omaggio possibile ai tre nostri ragazzi assassinati.”