Giorgio Almirante, la seconda segreteria

Almirante con una copia de Il Secolo d'Italia cLa seconda segreteria Almirante mirò fin dall’inizio all’unità delle destre, trattando a tal fine con i monarchici del PDIUM e con indipendenti di centro-destra. Nelle elezioni regionali del 7 giugno 1970 il MSI ebbe una discreta ripresa, ottenendo nelle regioni a statuto ordinario il 5,3 per cento dei voti. Almirante – confermato segretario all’unanimità dal IX congresso nazionale del MSI (Roma, novembre 1970), in cui lanciò le parole d’ordine “alternativa al sistema” e “destra nazionale” e propose la formazione di un “Fronte articolato anticomunista” con altre forze politiche (che fu poi la Destra nazionale) – portò il suo partito ad eccellenti risultati nelle elezioni regionali siciliane e amministrative del 13 giugno 1971: il 16,3 per cento dei voti in Sicilia e il 16,2 per cento a Roma, dove il segretario nazionale si era candidato al consiglio comunale come capolista.

Le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana si sono volte il 13 giugno 1971. L’affluenza è stata dell’81,4%. Per la prima volta la legislatura ha una durata quinquennale.

Al termine di queste elezioni, che fecero registrare un crollo del PCI e un ottimo risultato dell’MSI (dal 6,6% al 16,3), il democristiano Mario Fasino venne confermato nell’incarico di presidente della Regione che deteneva già dal 1969, alla guida di un governo di centro-sinistra con il PSI. Nel dicembre del 1972, tuttavia, si concludeva l’esperienza del quinto e ultimo dei governi da lui presieduti: a succedergli fu il collega di partito Vincenzo Giummarra, già governatore siculo per due mesi nel 1967 in un governo centrista, ma che stavolta proseguì nella formula del centro-sinistra. Nel 1974 con l’elezione a presidente del DC Angelo Bonfiglio è la volta del governo della solidarietà autonomistica, con l’apertura al PCI.

Nel febbraio 1972, in vista delle elezioni politiche anticipate, il PDIUM decise di allearsi con il MSI nella costituenda Destra nazionale. Per le elezioni politiche del 7 maggio 1972 il MSI e il PDIUM presentarono, sotto il simbolo del primo partito, liste comuni e particolarmente forti, nelle quali figuravano indipendenti di prestigio, ufficiali di tutti i gradi, funzionari di polizia e, per la prima volta, reduci di entrambe le parti che avevano combattuto la guerra civile del 1943-45 (volontari della RSI, ex combattenti regolari del “regno del Sud” e partigiani monarchici). Ventidue anni prima della fondazione del Polo per le libertà, fu quello il primo tentativo di costituire uno schieramento di centro-destra che superasse le divisioni della guerra civile. Il 7 maggio la Destra nazionale ottenne l’8,7 per cento dei voti, 56 seggi alla Camera e 26 seggi al Senato: un successo che parve storico. Almirante fu rieletto deputato nelle due circoscrizioni in cui si era candidato come capolista: in quella di Roma-Viterbo-Latina-Frosinone con 218.642 voti di preferenza e in quella di Milano-Pavia con 59.235 voti di preferenza; optò per Roma. Nel luglio seguente il PDIUM decise di confluire definitivamente nel MSI, che nel primo giorno del suo X congresso nazionale (Roma, 18-21 gennaio 1973) adottò la nuova denominazione MSI-Destra nazionale. Il 22 gennaio 1973 la nuova direzione nazionale elesse per acclamazione Almirante segretario nazionale del MSI-DN.

Il successo della Destra nazionale non determinò svolte nella politica italiana, ma fece intensificare la già dura campagna contro Almirante e il suo partito che le forze dell'”arco costituzionale” conducevano con ogni mezzo dal 1971, precisamente dai giorni seguenti la grande avanzata missina nelle elezioni siciliane e amministrative del 13 giugno di quell’anno (il 21 giugno 1971 era iniziata la faziosa campagna giornalistica sull’Almirante “fucilatore” del 1944, alla quale il diffamato rispose per vie legali pur sapendo di non poter ottenere piena soddisfazione dai tribunali della Repubblica): il 28 giugno 1972 la procura della Repubblica di Milano chiese alla Camera l’autorizzazione a procedere contro il segretario nazionale del MSI per il reato di ricostituzione del disciolto Partito fascista. Al leader di un partito di opposizione che non raggiungeva il 10 per cento dei voti veniva addebitata tutta la responsabilità politica, e addirittura quella penale, di fenomeni che sconvolgevano l’Italia: la violenza politica (in grandissima parte di sinistra e rivolta contro militanti e sedi della destra) e il terrorismo. Negli anni seguenti la tensione aumentò sempre più, ed esclusivamente a danno del MSI-DN, che fu il partito più colpito dalla violenza e dal terrorismo: dal 1970 al 1983 ebbe venti morti, di cui ben tredici a Roma. Il 24 maggio 1973 la Camera concesse, con 484 voti contro 60, l’autorizzazione a procedere contro Almirante per quel reato politico e anzi ideologico; ma l’inchiesta sulla presunta ricostituzione del PNF, trasferita alla procura della Repubblica di Roma per competenza territoriale ed estesa dal luglio 1975 a tutto il gruppo dirigente missino del periodo 1969-72, non fu mai portata a termine.

Il MSI-DN, minacciato di scioglimento, deluso dalle elezioni regionali friulano-giuliane e trentino-altoatesine del 1973 (in cui mantenne appena le posizioni delle elezioni politiche del 1972), si affiancò alla DC nella campagna antidivorzista per il referendum del maggio 1974, non solo per calcolo politico ma anche per coerenza con le propria identità di partito, se non cattolico, di cattolici (già nel 1970 si era opposto all’approvazione della legge sul divorzio, adeguandosi Almirante alle posizioni del partito nonostante la propria anomala situazione familiare: separato dalla prima moglie, Gabriella Magnatti, dalla quale aveva avuto la figlia Rita, aveva contratto un matrimonio religioso “di coscienza” con donna Assunta Stramandinoli vedova De Medici); ma con la DC condivise soltanto la sconfitta in quel referendum e, ancora isolato e assediato, scese al 6,4 per cento dei voti nelle elezioni regionali del 15 giugno 1975.

Nel 1975-76 Almirante provò a rilanciare il suo partito con un’iniziativa che doveva rappresentare una nuova fase dell’operazione Destra nazionale: la “Costituente di destra per la libertà”, organizzazione esterna e alleata, fondata il 22 novembre 1975. Ma nelle elezioni politiche del 20 giugno 1976 il MSI-DN subì un ulteriore calo, ottenendo il 6,1 per cento dei voti, 35 seggi alla Camera e 15 seggi al Senato (Almirante fu rieletto deputato nella circoscrizione di Roma-Viterbo-Latina-Frosinone con 123.331 voti di preferenza). Dopo le elezioni Almirante fu duramente contestato all’interno del partito da una nuova corrente moderata, “Democrazia nazionale”, che comprendeva gran parte dei monarchici e degli indipendenti confluiti nella Destra nazionale e nella Costituente di destra, ma anche alcuni storici dirigenti missini. Alla vigilia dell’XI congresso nazionale del MSI-DN, dove avrebbe dovuto avvenire il confronto decisivo tra Almirante e “Democrazia nazionale”, questa corrente mise in atto una scissione che per ampiezza – a livello di classe dirigente, non di base – non aveva precedenti nella storia dei partiti italiani del periodo repubblicano: il 21 dicembre 1976 uscirono dal MSI-DN 25 parlamentari su 49; gli scissionisti fondarono poi il partito di Democrazia nazionale.

Nel gennaio 1977 si svolse l’XI congresso nazionale del MSI-DN. Almirante ottenne che il congresso riformasse lo statuto del partito in senso “presidenzialista” – affidando direttamente al congresso nazionale l’elezione del segretario nazionale, che precedentemente era sempre stata di competenza della direzione nazionale o del comitato centrale – e, a conclusione del congresso, fu confermato segretario dall’assemblea dei delegati, con 1125 voti su 1423 votanti. La lista almirantiana “Unità nella chiarezza” ottenne 941 voti e 188 seggi nel comitato centrale, contro i 315 voti e 63 seggi di “Linea futura” (Pino Rauti) e i 144 voti e 29 seggi di “Destra popolare”. Estesasi la scissione all’organizzazione giovanile del partito, il Fronte della gioventù, Almirante commissariò questa organizzazione, e il 7 giugno 1977 nominò egli stesso il nuovo segretario del Fronte nella persona di Gianfranco Fini, allora venticinquenne, che già si era guadagnato la sua fiducia.