Giorgio Almirante: da Mussolini a Fini

Giorgio Almirante: da Mussolini a Fini

Giorgio Almirante era un uomo politico che faceva battere il cuore. I suoi comizi erano affollati. La gente di destra, e non solo, si ritrovava nelle piazze italiane per ascoltare le sue parole appassionate di politica. Almirante sapeva di parlare ai suoi militanti che credevano davvero nelle idee di una destra che aveva una meta e soprattutto dei valori. Il segretario del MSI sapeva riscaldare i cuori del suo popolo. Nelle sue parole c’era uno straordinario magnetismo emozionale. Una qualità che difficilmente altri uomini politici hanno messo in campo con la stessa naturalezza di Giorgio Almirante. Oggi tutto quello che Almirante aveva costruito non c’è più. La sua eredità è stata dilapidata da coloro che erano i suoi figli migliori, che hanno deciso di spegnere la Fiamma insieme a tutto quello che ha rappresentato per un’intera comunità. Gianfranco Fini ha preso le distanze definitivamente dal suo maestro non inserendo il suo nome nel pantheon della cosiddetta destra (nuova?) che si è consegnata al partito del presidente del Consiglio. Per fortuna che la vicenda umana e politica di Almirante sopravvive nonostante le svolte opportunistiche di Gianfranco Fini, che deve la sua carriera politica a quest’ uomo straordinario. Se Almirante non lo avesse designato come suo successore naturale, di Gianfranco Fini oggi non ci sarebbe stata traccia, e forse avremmo ancora una comunità e una destra giusta. Basta leggere le pagine della biografia che Vincenzo La Russa ha dedicato allo storico segretario del Movimento Sociale Italiano (Giorgio Almirante. Da Mussolini a Fini. Mursia, pagine 247, 17 euro), per rendersi conto che questo libro sembra stato scritto per chi ha dimenticato troppo in fretta le proprie origini. La Russa entra con partecipazione nella straordinaria vicenda politica dello storico leader missino . L’autore mescola ricordi privati, documenti pubblici, episodi politici, ma soprattutto esprime sui singoli avvenimenti opinioni politiche. Il racconto non è mai incolore. La Russa scrive per raggiungere delle conclusioni. Nel libro è scritto a chiare lettere quello che ha rappresentato Giorgio Almirante per moltissimi ragazzi di destra. Un punto di riferimento che, nonostante le difficoltà generazionali, ha tenuto insieme una comunità di uomini e donne che si riconoscevano nel valore dell’appartenenza. Almirante, già dalla fondazione del partito, scelse la strada della democrazia. Vincenzo La Russa lo sottolinea nel suo libro quando scrive: “Sulla fedeltà alla democrazia parlamentare egli non transigeva ed è forse questo traghettamento dalla dittatura alla democrazia, non contestato da molti avversari, che lo consegnerà alla storia”. È proprio così. Su questo concetto importante Almirante voleva costruire la sua destra. E lo scrive più volte nei suoi libri . Non si stanca di ripeterlo nei suoi discorsi parlamentari e negli incontri con i militanti nelle sezioni. Su quest’aspetto insiste La Russa nella sua biografia. Fin dalla nascita del Msi nel 1946, Almirante scelse di accettare la democrazia parlamentare. Questo era l’unico terreno su cui si doveva agire politicamente evitando le svolte opportunistiche e i rinnegamenti gratuiti. In autobiografia di un fucilatore egli cosi scriverà: “Abbiamo scoperto che la libertà significa garanzia perché significa gerarchia, a condizione che la gerarchia venga legittimata e nobilitata dal consenso liberamente espresso. Abbiamo cioè costruito in noi stessi i presupposti morali e psicologici che erano indispensabili per poter guardare al passato senza complessi né colpevolisti né trionfalisti, al presente con umana comprensione e ferma decisione, all’avvenire con fiducia. È dunque indispensabile, ancor più impossibile che proprio noi ci lasciassimo invischiare in quella vicenduola per anziani rincitrulliti o per giovani mal cresciuti che continua a essere, in Italia, la polemica fascismo-antifascismo”. Almirante era convinto che del fascismo avrebbe parlato serenamente la Storia. Quindi bisognava andare per la propria strada e nessuno doveva rendersi disponibile per indecorosi rinnegamenti, perché sarebbero apparsi opportunistici. Fini ha fatto finta di non capire che il suo maestro aveva già portato la destra postfascista nella democrazia. E sull’opportunismo e sul rinnegamento ha fondato la destra salottiera che, nel nome dell’antifascismo, si è allontanata per sempre dalla casa del padre.Contestato e idolatrato, additato di volta in volta come erede di Mussolini o traditore degli ideali fascisti, come fiancheggiatore del terrorismo o come suo intransigente avversario, Giorgio Almirante è stato senza dubbio uno dei personaggi politici più discussi e controversi della Prima Repubblica. Questo saggio ne ricostruisce la vicenda umana e politica, dalla prima infanzia vissuta a Torino al lavoro di giornalista a Roma per la rivista “La difesa della razza”, da Salò alla fondazione del MSI e agli anni della Prima Repubblica. Una biografia in cui si mescolano ricordi privati e documenti pubblici, episodi inediti e curiosi – come il duello alla sciabola fra Almirante e il nipote del Duce – e considerazioni sul ruolo pubblico di un uomo che ha segnato la storia della destra italiana e ha gestito, tra mille contraddizioni, l’ingresso degli orfani del fascismo nella democrazia.

Vincenzo La Russa, Giorgio Almirante. Da Mussolini a Fini. Mursia, 2009. Pagine 247, 17 euro